E alla cassa faccio il check up…
…Avvocati, dentisti e psicologi, ma è solo la punta dell’iceberg. Nel carrello del supermarket e tra le stradine con palme delle moderne cattedrali dei consumi stanno nascendo servizi di ogni genere. Studi di notai, centri per fare analisi del sangue, caaf della Cgil, comandi di polizia, prestiti personali, di tutto di più.
La formula paghi due prendi tre non c’è ancora, ma un consiglio legale può costare meno di 5 euro…
di Emiliano Fittipaldi
Medici. Dentisti. Studi legali. Psicologi. Artigiani. Così i centri commerciali moltiplicano l’offerta di servizi. Per diventare polifunzionali. E provare a frenare la crisi delle vendite.
C’è chi si specchia in una vetrina, nota il sorriso ingiallito ed entra per uno sbiancamento rapido. Chi si cura una carie aspettando che la moglie si riprenda da una crisi di shopping compulsivo e chi ha prenotato apposta per sfruttare il mega parcheggio e il listino competitivo rispetto a quello dei professionisti del centro. Il dentista dell’Auchan di Cesano Boscone, profondo milanese, sta facendo un mucchio di soldi. L’idea funziona, e parlare con il titolare è impossibile. “Sta operando, chiami dopo. La sera tardi, prima che il centro chiuda”, dice la segretaria dello Studio Sorrisi. I francesi hanno aperto uno studio analogo anche al megastore di Rescaldina e ci hanno piazzato a fianco un commercialista. “A Rozzano abbiamo inaugurato tra i negozi di griffe un ufficio dell’anagrafe: si stampano certificati, carte d’identità, residenze. Stiamo per lanciare ovunque asili nido e centri diagnostici”, racconta Edoardo Favro, direttore delle Gallerie Commerciali Italia, società controllata dal colosso francese. “Farmacie, banche e tintorie ci sono da tempo. Per noi l’aggregazione sociale è fondamentale, i servizi sono il futuro”.
Vendere non basta più, i consumi frenano, e gli shopping center di seconda generazione stanno prendendo le contromisure. Con nuovi ‘magneti’, come dicono in gergo gli operatori del settore, per attrarre compratori e portafogli. La Coop è in assoluto tra i player più fantasiosi, all’avanguardia. Prima dei farmaci di Pier Luigi Bersani, della benzina scontata e dell’aspirina a metà prezzo, due anni fa a Milano in piazza Lodi è spuntato un corner di psicologia: in esclusiva i soci, dopo aver comprato alimentari e beni di ogni tipo, possono prenotarsi e fare due chiacchiere con gli specialisti dell’anima. Un colpo di genio per l’immagine ‘sociale’ delle cooperative.
Francesca Colomo ha 40 anni, lavora alla tutela dei minori e ha dato il là all’esperimento proponendo al supermarket i suoi talenti. “Organizziamo a chi lo chiede consulenze psicologiche di un’ora, per un massimo di tre sedute. Quasi un servizio (gratuito, ndr) da sportello d’orientamento”, racconta. Se l’inceppo del cliente-paziente non si scioglie con qualche consiglio azzeccato, la Colomo gli indica i servizi pubblici presenti sul territorio: “Vengono in genere donne dei ceti medio alti, con problemi di coppia e con i figli adolescenti. Psicologa alla cassa? Non ironizzi, l’idea è quella di rendere più accessibile una professione che la massa vede ancora come un dottore dei matti”. Se sotto la Madonnina i clienti apprezzano, a Quarto Oggiaro e al super di Bonola il servizio è stato sospeso: i lettini venivano presi d’assalto da persone con problemi seri, a volte già in cura nei centri d’igiene mentale. Walter Molinaro, responsabile dei nuovi servizi per Coop Lombardia, ha preferito chiudere baracca e burattini: “Territori troppo difficili, proveremo servizi sociali più integrabili nel contesto. Gli avvocati, per esempio, vanno benissimo ovunque”.
Avvocati, dentisti e psicologi, ma è solo la punta dell’iceberg. Nel carrello del supermarket e tra le stradine con palme delle moderne cattedrali dei consumi stanno nascendo servizi di ogni genere. Studi di notai, centri per fare analisi del sangue, caaf della Cgil, comandi di polizia, prestiti personali, di tutto di più. La formula paghi due prendi tre non c’è ancora, ma un consiglio legale può costare meno di 5 euro.
Cosa sta succedendo? I centri commerciali, la ‘nuova piazza’ analizzata dai sociologhi negli anni ’90, si stanno trasformando rapidamente in una ‘città parallela’ e autosufficiente, dove i clienti diventano abitanti-non-residenti che, oltre ad acquistare, sbrigano faccende e incombenze di ogni genere. “Un fenomeno legato alla crisi del mall classico di ascendenza americana:uno studio della Luisville University ha calcolato che in Usa oltre 2 mila strutture stanno letteralmente morendo, la propensione all’acquisto è in declino verticale”, chiosa Gabriella Paolucci, professore di sociologia all’Università di Firenze: “In Italia un’indagine ha dimostrato che il comportamento degli italiani è diverso da quello che si pensa: solo il 36 per cento corre negli shopping center per comprare qualcosa, il 55 sfrutta il centro per il tempo libero”.
(12 giugno 2008)