…altro è parlar di morte
Il 21 settembre 2009 è morta – come amava descriverla- la “consapevolezza del suo esistere”. Lui resta con noi nel ricordo dei suoi insegnamenti, come un grande maestro, un grande saggio. Non ho avuto la fortuna di conoscerlo personalmente, alcuni dei colleghi della scuola di Specializzazione di Verona ricordo che andavano in Terapia da lui a Roma e riportavano grandi emozioni da questi incontri. Non ricordo nemmeno di averlo mai incontrato ai Congressi SITCC, pare che non amasse molto questi momenti di grande caos. Così apprendo la notizia e mi rattristo perchè la sua presenza negli insegnamenti attraverso i suoi libri e attraverso i suoi allievi ora didatti SITCC, era ed è intensa, ed era come se fosse stato lui presente alle lezioni. Sicchè mi permetto con discrezione e sottovoce di farti un saluto e di ringraziarti per il contributo che anche a me è arrivato, sebbene a distanza, della tua grande saggezza, conoscenza scientifica e umanità.
Oggi vorrei parlarvi di un argomento che sembra far paura a moltissima gente. Già, proprio quello. Perché, vedete, si tratta di un problema che i vostri pazienti vi potranno presentare; e nemmeno tanto di rado, specialmente se vorrete occuparvi di situazioni estreme della sofferenza umana. A differenza, però, di altri problemi che auspicabilmente non vi riguarderanno personalmente, con questo prima o poi dovrete fare i conti anche voi.
…altro è morire
E allora vale la pena di pensarci prima per non arrivare impreparati ad affrontarlo. Non che io abbia trovato la formula magica per superarlo. Posso offrire, però, alcune riflessioni che mi sembrano abbastanza utili allo scopo.
Questioni di economia
Per cominciare, basta una minima conoscenza dell’evoluzione e della selezione naturale per capire quanto la morte sia necessaria al perpetuarsi della vita. Cioè, quanto sia importante che il nostro pool di geni (come quello di tutte le specie) vada continuamente ridistribuito, appunto con la scomparsa degli attuali individui, per consentire la mutazione di individui diversi, alcuni dei quali saranno più adatti alle mutevoli condizioni ambientali. In altri termini, si potrebbe dire che senza la morte la vita prima o poi si estinguerebbe.
Questioni filosofiche e biologiche
Da filosofo dilettante, certo. Ma anche filosofi professionisti hanno detto che senza la morte la vita non esisterebbe, così come non esisterebbero il buio e la luce, il giorno e la notte, il buono e il cattivo… Viene da pensare che la morte sia un concetto filosofico, una costruzione intellettuale, una categoria mentale. Insomma, una nostra invenzione.
In fatto di biologia, ne basta una minima conoscenza per capire che in realtà la vita, come la materia di cui è fatta, non muore mai; anzi, continua a vivere praticamente in eterno, sebbene in forme diverse, anche dopo quella che noi chiamiamo la morte dell’individuo.
Ma allora che cosa muore?
Secondo me, l’unica cosa che veramente finisce, e quindi si può dire che muoia, è la nostra consapevolezza di esistere (consciousness in inglese, tradotta spesso in italiano con “coscienza”; ingleseconscience). La nostra consapevolezza si può interrompere anche in altre occasioni (sonno, lipotimie, coma, anestesie, eccetera), ma questa volta la perdita è definitiva. Svanisce cioè la speciale capacità di pensiero riflessivo che ci distingue dagli altri animali a causa della estremamente complessa organizzazione del nostro organismo. Talmente complessa che, a un certo punto dell’evoluzione, ha determinato un drammatico salto di qualità (quella che nelle scienze della complessità si chiama “catastrofe”) rispetto anche ai nostri parenti genetici più prossimi.
La morte riguarda quindi soltanto lo spegnersi di questa funzione, per un venir meno dell’enormemente complesso equilibrio organizzativo che l’aveva prodotta e che la manteneva. Si passa così da una situazione in cui la nostra consapevolezza non c’era, a un breve periodo in cui invece esiste, per poi tornare alla situazione quo ante.
E che cosa si teme?
È quindi questa prospettiva che fa paura, che angoscia, e che per esorcizzarla ci ha fatto inventare le fantasiose e spesso stravaganti mitologie delle varie religioni, con i loro altrettanto ipotetici corollari dell’aldilà, della vita eterna, dell’anima immortale, eccetera.
Chi riesce a crederci può consolarsi così. Chi non ci crede può domandarsi se di fronte alla morte la gente che ne ha tanta paura vorrebbe veramente restar viva. L’ipotesi è semplicemente terrorizzante: subire un decadimento senile progressivo e senza fine mentre si assiste alla morte di tutte le persone care e tutti gli amici. No, a questo punto la scelta non è difficile. Resta semmai soltanto una ragionevole paura di soffrire mentre siamo ancora al mondo. Il che dimostra una volta di più come non conti tanto la durata della vita in sé e per sé quanto piuttosto la sua qualità.
Beati coloro che alla fine possono dire di aver giocato una bella partita
Happy those who can say to have had a good innings
Cesare De Silvestri,
medico, psichiatra e psicoterapeuta, autore di libri e testi scientifici, Fellow & Supervisor dell’Albert Ellis Institute (già Institute for Rational-Emotive Behaviour Therapy) di New York, Presidente dell’Institute for RET (Italy), Socio Didatta della Società Italiana di Terapia comportamentale e Cognitiva (SITCC). Didatta dell’Associazione di Psicologia Cognitiva (APC) di Roma, Didatta dell’Istituto Rogeriano Italiano (IACP), Didatta dell’Istituto di Psicoterapia Integrata, Docente dell’Istituto A. Beck (Italy). Diplomate in Professional Psychotherapy dell’International Academy of Behavioural Medicine, Counseling and Psychotherapy, di cui è stato Vice-President for Southern Europe con Hans Jurgen Eysenck dal 1983, e successivamente unico Vice-President for Europe sino al 1999.
Nella sua produzione scientifica primeggiano il testo I fondamenti teorici e clinici della terapia razionale-emotiva (Astrolabio, 1981) e il manuale Il Mestiere di psicoterapeuta (Astrolabio, 1999).
Dal 1974 ad oggi la sua attività in Italia ha contribuito in modo significativo ad orientare la psicoterapia italiana verso la prospettiva cognitivo-comportamentale che si sta affermando nel mondo contemporaneo.
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