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Attacchi di Panico – Intervista di Barbara Prampolini, Presidente PIP (Pronto Intervento Panico)

Attacchi di Panico – Intervista di Barbara Prampolini, Presidente  PIP (Pronto Intervento Panico)

Dott.ssa, lei è una Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, puo’ spiegarci di cosa si tratta?

panicoLa Psicologia, si occupa dei problemi emotivi e della percezione di sé e del mondo ormai da più di 100 anni e ancora prima se ne occupavano i filosofi. Possiamo dire che un approccio teorico efficace alla gestione dei problemi emotivi – in generale quindi alle psicopatologie – coincide con la comparsa e la diffusione, nel mondo della psicologia, del modello cognitivo comportamentale (Cognitive Behavioral Therapy CBT), negli anni Sessanta.

Tale modello postula una complessa relazione tra emozioni, pensieri e comportamenti, sottolineando come molti dei nostri problemi (che possiamo definire disfunzionalità emotive) siano influenzati da ciò che facciamo e ciò che pensiamo nel presente, qui ed ora.

Questo vuol dire che agendo attivamente ed energicamente sui nostri pensieri e sui nostri comportamenti attuali, possiamo liberarci da molti dei problemi che ci affliggono da tempo e che certamente abbiamo costruito nel tempo. Mi preme quindi sottolineare, che la CBT non è indifferente al passato e alla narrazione del paziente, sono piuttosto le tecniche che agiscono sul qui e ora.

La psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT) sta quindi assumendo il ruolo di trattamento psicologico d’elezione per la stragrande maggioranza dei problemi emotivi e comportamentali.


La terapia cognitivo -comportamentale è l’unica ad essere reputata idonea ad aiutare chi soffre di disturbo di panico, perchè?

Le ricerche e gli studi (soprattutto Americani dove effettivamente la ricerca e la terapia sono valutate se efficaci – si parla di evidence based – o no anche rispetto ai trattamenti che sono pagati dalle Assicurazioni Sanitarie), la ritengono più efficace di altre terapie e certamente indicata per i disturbi d’ansia, all’interno dei quali troviamo il Disturbo da Attacchi di Panico. Come dicevo prima, agendo con tecniche nel qui e ora e portando il paziente a elaborare cognitivamente ed emotivamente le sue paure, è assolutamente efficace la graduale esposizione per guarire da quella sofferenza, questo anche attraverso il lavoro a casa (home-works). La CBT ha la presunzione di lavorare assieme al paziente, formando così una maggiore efficacia, mettendo assieme la competenza del Terapeuta assieme alla indiscutibile estrema competenza del paziente per quello che riguarda il suo mondo e la sua sofferenza.

Che differenze ci sono rispetto ad altre scuole o tipi di terapie?

Molte Psicoterapie, lavorano tanto sul passato e non prevedono un rapporto di collaborazione fra Terapeuta e Paziente. L’impostazione teorica e del setting terapeutico è assolutamente differente. Lo stesso Contratto Terapeutico è differente: nel nostro approccio è previsto un impegno settimanale per alcuni mesi (è infatti descritta fra le psicoterapie brevi), per quanto riguarda i disturbi d’ansia. I giorni e gli orari vengono stabiliti di volta in volta, non necessariamente quel giorno a quell’ora per due anni e per due o tre volte alla settimana spesso senza la possibilità di annullare l’incontro.

Non sto dicendo che le altre terapie non funzionano, dico che per chi soffre di ansia e panico può essere efficace migliorare immediatamente la qualità della vita e guarire dalla patologia e dai sintomi dell’ansia. Se l’istanza terapeutica successiva è di lavorare su altro, per esempio le relazioni o il passato… quell’istanza verrà valutata e avrà un percorso differente.

 

La CBT può così essere descritta:

 

Pratica e concreta. Lo scopo della terapia si basa sulla risoluzione dei problemi psicologici concreti. Alcune tipiche finalità includono la riduzione dei sintomi depressivi, l’eliminazione degli attacchi di panico e della eventuale concomitante agorafobia, la riduzione o eliminazione dei rituali compulsivi o delle malsane abitudini alimentari, la promozione delle relazioni con gli altri, la diminuzione dell’isolamento sociale, e cosi via.
Centrata sul “qui ed ora”.
Il ricordo del passato, come il racconto dei sogni, possono essere in alcuni casi utili per capire come si siano strutturati gli attuali problemi del paziente, ma molto difficilmente possono aiutare a risolverli. La CBT quindi non utilizza tali metodi come strumenti terapeutici, ma si preoccupa di attivare tutte le risorse del paziente stesso, e di suggerire valide strategie che possano essere utili a liberarlo dal problema che spesso lo imprigiona da tempo, indipendentemente dalle cause. La CBT è centrata sul presente e sul futuro molto più di alcune tradizionali terapie e mira ad ottenere dei cambiamenti positivi, ad aiutare il paziente a uscire dalla trappola piuttosto che a spiegargli come ci è entrato.
A breve termine.
La terapia cognitivo-comportamentale è a breve termine, ogni qualvolta sia possibile. Il terapeuta è comunque generalmente pronto a dichiarare inadatto il proprio metodo nel caso in cui non si ottengano almeno parziali risultati positivi, valutati dal paziente stesso, entro un numero di sedute prestabilito. La durata della terapia varia di solito dai tre ai dodici mesi, a seconda del caso, con cadenza il più delle volte settimanale. Problemi psicologici più gravi, che richiedano un periodo di cura più prolungato, traggono comunque vantaggio dall’uso integrato della terapia cognitiva, degli psicofarmaci e di altre forme di trattamento.
Orientata allo scopo. La CBT è più orientata ad uno scopo rispetto a molti altri tipi di trattamento. Il terapeuta cognitivo-comportamentale, infatti, lavora insieme al paziente per stabilire gli obbiettivi della terapia, formulando una diagnosi e concordando con il paziente stesso un piano di trattamento che si adatti alle sue esigenze, durante i primissimi incontri. Si preoccupa poi di verificare periodicamente i progressi in modo da controllare se gli scopi sono stati raggiunti.
Attiva. Sia il paziente che il terapeuta giocano un ruolo attivo nella terapia. Il terapeuta cerca di insegnare al paziente ciò che si conosce dei suoi problemi e delle possibili soluzioni ad essi. Il paziente, a sua volta, lavora al di fuori della seduta terapeutica per mettere in pratica le strategie apprese in terapia, svolgendo dei compiti che gli vengono assegnati volta volta. Nella CBT il terapeuta svolge un ruolo attivo nella soluzione dei problemi del paziente, intervenendo spesso e diventando talvolta “psico-educativo”. Ciò tuttavia non vuole assolutamente dire che il paziente assista ad una lezione nella quale si sente dire che cosa dovrebbe fare e come dovrebbe pensare; anch’egli, anzi, è stimolato ad essere più attivo possibile, un terapeuta di sé stesso, sotto la guida del professionista.
Collaborativa. Paziente e terapeuta lavorano insieme per capire e sviluppare strategie che possano indirizzare il paziente alla risoluzione dei propri problemi. La CBT è infatti una psicoterapia breve basata sulla collaborazione tra paziente e terapeuta. Entrambi sono attivamente coinvolti nell’identificazione delle specifiche modalità di pensiero che possono essere causa dei vari problemi. Il paziente potrà scoprire di aver trascurato possibili soluzioni alle situazioni problematiche. Il terapeuta aiuterà il paziente a capire come poter modificare abitudini di pensiero disfunzionali e le relative reazioni emotive e comportamentali che sono causa di sofferenza

Scientificamente fondata. È stato dimostrato attraverso studi controllati che i metodi cognitivo-comportamentali costituiscono una terapia efficace per numerosi problemi di tipo clinico.


Come funziona in pratica? Cosa deve fare chi si rivolge a lei?

Funziona come tutte le richieste specialistiche: si fa una prima visita di valutazione e si valuta reciprocamente se l’istanza e il terapeuta sono compatibili! Io dico spesso che la prima visita, così come le visite successive per la valutazione ed anche la terapia stessa, non sono vincolanti. Anche il nostro Codice Deontologico lo prevede giustamente! Il paziente può interrompere in qualsiasi momento la terapia, ovviamente viene solo richiesto di esplicitare questa volontà.

Quindi ciò che deve fare chi soffre di panico/ansia è prendere un appuntamento per una prima visita. Esattamente come chi ha male a un dente prende un appuntamento dal dentista.

 

Quante sedute occorrono in media per raggiungere risultati apprezzabili

 

Per raggiungere risultati apprezzabili parliamo di quattro-sei mesi di incontri settimanali. Ovviamente dipende dal caso e da come il disturbo si inserisce in un quadro clinico più o meno compromesso e dalla cronicità del disturbo.

Che costi hanno le sedute? Sono vincolanti? Spesso si sente dire che quando si inizia un percorso psicoterapeutico viene fatto firmare un contratto e alcuni terapeuti addirittura pretendono il pagamento della seduta anche se è insorto un imprevisto che impedisce  al paziente di essere presente alla seduta. Ancora, mi è capitato di confrontarmi con alcuni terapeuti i quali mi hanno spiegato che il pagamento della parcella è parte della cura, che addirittura è l’Ordine degli psicologi che lo suggerisce e che assolutamente in casi estremi non si possono nemmeno fare sedute gratuite a chi proprio non puo’ permettersi la terapia.

 

Rispondo volentieri a questa domanda, ma ancora una volta rimando al sito dell’Ordine dove è pubblicato il Tariffario. Vorrei che fosse chiaro e sempre più diffuso, l’utilizzo delle informazioni sui siti ufficiali degli Ordini. Per noi Psicologi e Psicoterapeuti, quindi il sito dell’Ordine Emilia Romagna e dell’Ordine Nazionale.

Precisando che sono prestazioni sanitarie esenti iva e utilizzabili per la dichiarazione dei redditi come detrazioni. Sebbene il tariffario per la psicoterapia dia una indicazione di un costo fra i 40,00 e i 140,00 euro, probabilmente il compenso più frequente è tra gli 80,00 e i 130,00 euro. So che alcuni colleghi pretendono il pagamento della seduta anche quando vengano disdette con anticipo, in quanto sono previste sedute settimanali fisse e non cancellabili, spesso definite da un contratto terapeutico. Anche in questo caso posso dire che normalmente, per quella che è la mia esperienza e l’esperienza dei miei colleghi cognitivisti, chiediamo che le visite vengano disdette con 24 o 48 ore di anticipo, in caso contrario, ci riserviamo la possibilità di fatturare il compenso, ovviamente è precisato fin dall’inizio e difatto accade in molte professioni sanitarie.

É inoltre suggerito di proporre la prestazione solo dietro compenso. È evidente che venire agli incontri e pagare il compenso ha a che fare con una prestazione professionale che ancora una volta è equiparabile ad altre prestazioni: ginecologo, dentista, ortopedico… perchè dovrebbe essere diverso per lo psicoterapeuta? Come per altre prestazioni sanitarie inoltre, è prevista la possibilità di pagare un ticket sanitario accedendo come Servizio Sanitario Nazionale per chi non può accedere ai servizi offerti dai privati in libera professione.

 

L’approccio è lo stesso sia per chi soffre di ansia che per chi soffre di disturbo di panico?

 

Le modalità di intervento sono simili, così come le tecniche. Più che differenziare l’intervento per ‘etichetta diagnostica’, lo impostiamo a seconda del caso, della persona, dei sintomi, della storia clinica del paziente, delle sue risorse…


Lo psicologo puo’ prescrivere farmaci o interferire con la cura farmacologica prescritta da un neurologo o psichiatra?

 

No. Lo psicologo non può prescrivere farmaci. La prescrizione di farmaci è un atto medico così come l’ago-puntura. E’ anche opportuno che lo psicologo non interferisca nella parte che cura il neurologo o psichiatra… sarebbe auspicabile che i due professionisti collaborassero per un confronto per il benessere del paziente. Quando il disturbo d’ansia o anche altre psicopatologie necessitano di una integrazione farmacologica, è opportuno che il paziente sia invitato a consultare uno specialista farmacologo (Neurologo o Psichiatra in questo caso). Si parla infatti di un intervento “integrato” che, laddove necessita, rende la prognosi molto più veloce e l’intervento più efficace in entrambi i domini.


Come si fa a capire se il terapeuta al quale ci stiamo rivolgendo è specializzato in terapia cognitivo-comportamentale?

 

Come qualsiasi specializzazione, ritengo che sia necessario esporre i titoli e le autorizzazioni nello studio ed anche specificarlo nella carta intestata e nei bigliettini da visita per esempio, in modo molto trasparente. Credo che informare il paziente del proprio orientamento teorico, delle proprie specializzazioni e delle modalità con le quali si opera sia corretto ed anche terapeutico. Io e molti colleghi lo facciamo ed è anche richiesto dall’ordine degli Psicologi, sempre nel Codice Deontologico.

La nostra specializzazione non è diversa dalle altre. Abbiamo un persorso di base che può essere una laurea in Psicologia o in Medicina, un anno di tirocinio, un esame di Stato e una specializzazione quadriennale riconosciuta dal MURST. Dovrebbe essere possibile verificare molto facilmente la preparazione e la specializzazione di ognuno di noi. Sui siti degli Ordini per esempio, sicuramente su quello dell’Emilia Romagna, è verificabile, sia l’iscrizione che la specializzazione.

 

Bibliografia per approfondimenti:

Psicoterapia cognitiva dell’ansia. Rimuginio, controllo ed evitamento

Elementi di psicofarmacologia per psicologi

Il Colloquio in Psicoterapia Cognitiva Tecnica e Pratica

Il disturbo di Panico. Psicoterapia cognitiva, ipnosi e EMDR

 

 

 

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